Nino Dolfo su Bresciaoggi - 3 novembre 2005
Giovedì 3 Novembre 2005
Ferliga, Lievi e Risè al Teatro Sociale
La morte del padre dramma «sociale»
Una figura chiave, a teatro come nella vita
Viviamo in un'epoca in cui l'immagine del padre, sia quello celeste sia quello terreno, è stata oscurata. Su questo tema si basa il libro di Paolo Ferliga, «Il segno del padre. Nel destino dei figli e della comunità» (Moretti & Vitali), che ieri al teatro Sociale è stato al centro di un affollato incontro che ha avuto come protagonisti il regista del Ctb Cesare Lievi, lo psicanalista Cla- udio Risè, oltre all'autore, psicologo e psicoterapeuta di formazione junghina nonché docente di filosofia al liceo Arnaldo.
Non si è trattato tanto di una presentazione, di una vernice editoriale, quanto - ha specificato Lievi - di una riflessione in un luogo teatrale su un libro le cui argomentazioni ineriscono la pratica e l'estetica del teatro. Nelle pagine di Ferliga l'incipit rimanda non a caso al primo atto dell'Amleto scespiriano. «Leggere la scena con un forte richiamo a togliere la vicenda della scomparsa del padre da un'idea di rappresentazione non è un discorso intellettuale, una moda, ma una necessità che si inserisce nell'essere della nostra vita. La nostra è la società chiamata senza padre, dei padri nella polvere», ha puntualizato Risè.
L'assenza del padre torna frequentemente nella letteratura teatrale. Si pensi a «Spettri» di Ibsen, ma anche a «La casa di Bernarda Alba» di Garcia Lorca che proprio ieri sera ha debuttato al Santa Chiara per la regia dello stesso Lievi. Nel testo lorchiano la protagonista, Bernarda Alba appunto, tenta di stabilire, dopo la morte del marito, un apporto di verticalità con le figlie, cerca di mettersi lei i pantaloni, ma questo rapporto fallisce, perché le figlie organizzano una loro orizzontalità, sognano un uomo, vivono l'eros e intraprendono un’iniziazione che culminerà nel dramma. Lo stesso tema dell’iniziazione della vita e della mancanza del padre compare nella vicenda di Parsifal, anche se in modo diverso. Quella di Parsifal è una figura che è stata peraltro analizzata in un libro di Risè e che è stata portata in scena anche da Lievi, a riprova di una identità problematica del sentire che ieri accomunava i relatori, tutti concordi nel sottolineare che «quando scompare il seme del padre, muore la terra, viene meno anche la madre».
Che fare, allora? Come sopperire a questa perdita? Ferliga, citando altre due regie di Lievi in sintonia con il tema («Siamo tutti tuoi figli» da Arthur Miller e «Fotografia di una stanza» dello stesso Lievi) ha risposto che «nel desiderio di un padre da parte di un figlio si esprime la paternità sociale, non necessariamente biologica». I padri, anche comportano tutta una serie di effetti collaterali legati all'autorità del loro ruolo, sono importanti e necessari nella formazione, proprio perché vengono negati, trasgrediti, metaforicamente «uccisi».
Il dibattito si è poi allargato. «Chi fa teatro - ha aggiunto Lievi - sa che c'è il padre-testo. Artaud e i suoi epigoni hanno combattuto ferocemente la tradizione che vede gli attori dominati dal testo. Mi riferisco a quegli attori che recitano il testo, ma non riescono a mostrare la vita». «L'attacco al testo è fratello dell'attacco al padre», ha convenuto Risè, che ha poi commentato: «Mi vengono in mente gli asili anti-autoritari del '68, nati dall'idea di togliere la figura paterna e di lasciare alla libera spontaneità dei bambini l'esperienza educativa. Ebbene, fu un fallimento. Ci si rese conto che i bambini, senza testo e senza padre, regredivano a un punto tale da scivolare verso la psicosi». La presenza del padre è dunque auspicabile da un punto di vista psicologico e non solo. La sua assenza porta a uno scorretto rapporto con il passato, alla rinuncia delle proprie radici. Una società senza padre è anche una società senza figli. «Non c'è più una visione destinale», ha detto Risè. Amleto, eroe moderno perché prototipo dell'incertezza e dell'ambiguità - ha concluso Ferliga - è anche colui che più di ogni altro rappresenta il disorientamento per la morte del padre.
Nino Dolfo