Assenza del padre e dipendenze
Senza padre non c'è libertà vera
L'uso di droga e alcol spesso causa di tragedie sulle strade, come mostrano i dati terribili dell'estate, è il segno dell'assenza ormai diffusa di una coscienza morale legata all'assenza del padre.
Assenza del padre e dipendenze La società contemporanea, almeno in Occidente, è caratterizzata da una continua riduzione del ruolo e della presenza del padre nella formazione e nell’educazione dei giovani. Si tratta del compimento di un processo secolare, che ha avuto una forte accelerazione con l’industrializzazione, quando in Europa milioni di padri sono stati fisicamente separati dai loro figli. Ben prima del Sessantotto quindi, quando i figli contestavano il sistema e con esso l’autorità dei padri, i padri quell’autorità l’avevano persa. Essa sopravviveva talvolta nella scuola e nella fabbrica, in modo perverso, attraverso forme di autoritarismo ottuso, ma i padri, nella vita dei loro figli non c’erano più da tempo. I giovani degli anni Sessanta, contestando i padri chiedevano anche una loro risposta, un loro intervento. I padri, impegnati spesso in un duro lavoro, quella risposta non seppero o non poterono darla. Anche loro, figli della guerra, spesso non avevano conosciuto i loro padri. E’ proprio l’interruzione della catena padri-figli e della trasmissione di valori a essa connessi che sta oggi alla radice del forte disagio espresso dalle nuove generazioni. Il quadro è sotto i nostri occhi. Sempre più spesso studenti demotivati, figli depressi, giovani che cercano nell’alcol e nella droga quel piacere che la vita sembra loro non offrire. Con una certa ipocrisia, dopo il fiume di cocaina (come titola un libro importante dello psichiatra Furio Ravera) scoperto nel Po nell’estate del 2005, ci si stupisce degli ultimi risultati dei controlli sugli automobilisti effettuati nei pressi del Lago di Garda questa estate. Sono in linea con i dati rilevati lo scorso anno e dicono di un 45% di persone risultate positive ai test antidroga e antialcol. Urge senz’altro una severa azione repressiva che colpisca spaccio e consumo, ma è anche necessario vedere che i comportamenti di dipendenza hanno la loro radice in una situazione psicologica diffusa: quella dell’assenza del padre dalla vita dei figli. Nei disturbi di personalità oggi sempre più gravi, legati alla dipendenza da sostanze, da internet, dai giochi di ruolo, da una sessualità compulsiva, gli psicoterapeuti riscontrano sempre più spesso l’assenza di una relazione positiva con il padre. Anche a livello sociale diversi studi mostrano la stretta correlazione statistica tra esercizio della criminalità, bullismo e assenza del padre. Confermando quello che Freud aveva detto all’inizio del secolo scorso: quella del padre è, non solo a livello individuale, ma anche “per la vita psichica dei popoli”, la questione centrale. E’ dalla relazione con il padre infatti che nasce la coscienza morale, indispensabile perché l’individuo riesca a sottrarsi al dominio delle pulsioni e possa così entrare in relazione con gli altri. E’ il padre che insegna a governare i propri istinti, a passare dal mondo delle pulsioni e dei bisogni, che richiede un soddisfacimento immediato, a quello dei desideri, che implica sempre lo spazio per una libera scelta. Il primo dei valori che il padre trasmette ai figli è proprio quello dell’autonomia, della capacità di interiorizzare la norma, e quindi anche il divieto, come fondamento per un agire libero. In un tempo in cui si invitano le donne a fare i figli da sole, celando come nel caso del Ministro francese della Giustizia Rachida Dati il nome del padre, è forse importante ricordare perché la capacità di interiorizzare la norma discenda dal padre. Si tratta di una questione che riguarda gli inizi della vita quando si protrae tra la madre e il figlio un legame, biologico e psicologico, di tipo simbiotico. Quel legame, indispensabile all’inizio perchè il bambino acquisisca fiducia nelle proprie potenzialità, crea una pericolosa dipendenza se dura troppo a lungo. Perché il bambino diventi autonomo è indispensabile che il padre lo aiuti a uscire da quella simbiosi. Spetta dunque al padre dire al bambino il primo “no!”. Si tratta di un gesto doloroso che va contro la tendenza naturale del bambino, ma anche della madre, a mantenere il legame simbiotico. Questo gesto lascia nel figlio una ferita che, diventando il prototipo delle numerose ferite che incontrerà nella vita, lo aiuterà a sostenerle. Senza questa ferita i figli non crescono, restano dipendenti dalle loro pulsioni primarie, dai loro bisogni immediati e da grandi diventano vittime di un mercato che offre loro illusioni di felicità a costi sempre più bassi: non riescono insomma a passare dal mondo della necessità e dei bisogni a quello della libertà e dei valori.
Brescia , settembre 2008 Paolo Ferliga