Brevi note su maschile e archetipo del Fallo

"Il Covile" n° 684, 22 febbraio 2012

La crisi del maschile

Negli ultimi anni, anche grazie al diffondersi di un movimento di uomini che pone al centro della sua riflessione la questione maschile, si assiste a un cambiamento positivo rispetto a una tendenza consolidata: quella che a occuparsi della questione maschile fossero più le donne che gli uomini. Fino a poco tempo fa infatti nelle conferenze su temi che riguardavano la condizione del maschio prevaleva di solito un pubblico femminile. Spesso erano le donne che compravano libri sul maschile e poi li regalavano ai loro compagni e che, nello studio dello psicoanalista, lamentavano la fragilità psicologica del proprio partner.

La sensibilità femminile ai temi dell’identità sessuale e del suo valore psicologico, si è sviluppata  nel tempo, parallelamente al percorso che ha portato le donne dalle battaglie per l’emancipazione e uguaglianza dei diritti, all’affermazione del valore della differenza sessuale. Le donne hanno capito da tempo l’importanza di riflettere sulla propria condizione sessuata e di valorizzarne il carattere particolare, diverso da quello maschile non solo sul piano fisico, ma anche su quello psichico.

Per i maschi invece, garantiti da una certa rendita di posizione, sembra fosse più difficile riflettere sulla propria identità sessuale, come se l’essere maschio fosse solo o soprattutto una questione di conformazione fisica e biologica, un dato di fatto che nessuna presa di coscienza può modificare. La maggior parte dei maschi ha sempre sottovalutato l’importanza di una riflessione sulla propria identità di genere.

La cecità rispetto a questo tema, ha reso così più difficile comprendere le ragioni della crisi che li ha coinvolti proprio quando le donne raggiungevano autonomia e parità di diritti. Ciò ha portato a cercare le cause della crisi nel campo femminile. La contemporaneità dei due fenomeni, affermazione del femminile e crisi del maschile, ha indotto qualcuno a pensare che vi fosse un rapporto di causa-effetto tra il primo e il secondo. Questa interpretazione, che ancora oggi circola nel movimento maschile, risulta fuorviante in quanto sposta su un soggetto esterno, la donna, problemi che si sono determinati all’interno del campo psicologico e simbolico del maschile. Così facendo si rischia di proiettare sulle donne un problema che riguarda gli uomini. La  ricerca delle cause della crisi va invece indirizzata all’interno del campo simbolico che definisce il maschile. É in questo campo che si osserva, quanto meno dal secondo dopoguerra,  un consistente indebolimento dell’immagine guida che consente all’identità maschile di strutturarsi. Alla radice della debolezza maschile non c’è la forza del femminile, ma piuttosto l’indebolirsi del principio maschile, rappresentato simbolicamente dall’archetipo del Fallo.

Essere maschi è difficile, lo è sempre stato. Non basta la dimensione biologica, con le sue caratteristiche di tipo ormonale e genitale a definire la maschilità. Per diventare maschi è indispensabile anche un percorso psicologico che contribuisca a definire la propria identità di genere. Mentre la donna è richiamata periodicamente, dal mestruo e dalla gestazione, alla sua femminilità e ai misteri che la caratterizzano, l’uomo ha più difficoltà a sentire nel corpo e con il corpo la propria potenzialità generativa.

Per questa ragione in tutte le culture pre - moderne è stato dato valore ai riti di iniziazione che aiutavano  i giovani maschi a conoscere le caratteristiche del proprio genere e ad assumersene la responsabilità. Proprio nel momento della maturazione puberale venivano loro svelati i misteri dell’energia maschile, misteri che ruotano attorno all’immagine archetipica del Fallo. La scoperta di una sessualità matura grazie a  quei riti si collegava al mistero della vita e della morte e la comunità degli anziani diceva a ogni giovane: “Sappi che sei un maschio e che nella vita dovrai saper affrontare con coraggio il dolore e la morte. Dovrai conoscere la verità, ma anche la paura e l’errore.  Solo così potrai essere te stesso e, in alcuni momenti, essere felice.”

 

Il Fallo, fondamento dell’energia maschile, e le sue disavventure

I riti iniziatici per secoli sono stati alimentati e nello stesso tempo hanno contribuito ad alimentare il principio maschile. Questo principio è rappresentato simbolicamente dal Fallo, un’immagine che accompagna fin dalle prime civiltà la cultura degli uomini. Rappresentato  nei culti religiosi, esso compare anche nei sogni. Si tratta, dal punto di vista della psicologia del profondo, di un’immagine archetipica. Per Carl Gustav Jung gli archetipi sono strutture psichiche che popolano l’inconscio collettivo e nei sogni si presentano attraverso immagini. Prendere contatto con queste immagini aiuta la psiche del sognatore a diventare più completa e più forte. Gli archetipi non scompaiono mai del tutto dall’inconscio collettivo, ma  presentano piuttosto un  andamento simile a quello dei fiumi carsici, che ogni tanto scompaiono sotto terra per poi ricomparire più a valle. Anche l’archetipo del Fallo sembra oggi presentare questo andamento consentendo così, a chi ne riconosce il valore, di arricchire la propria vita psichica.

Presso i popoli dell’Evo antico, Babilonesi, Assiri e Fenici, il Fallo era adorato come una divinità.  Nell’induismo ciò accade ancora oggi: il Lingam, che può essere tradotto con segno o simbolo, raffigurato da una pietra o da templi di forma fallica, viene venerato da tempo immemorabile come una delle forme di Shiva. Spesso il Lingam è inserito nello Yoni, una pietra tonda con un buco o una fessura, che rappresenta il principio femminile, forma e manifestazione della dea Shakti. Lingam e Yoni, indicano simbolicamente il carattere sacro  della vita, la sua capacità di continuare sempre a rigenerarsi. Per i greci, da cui ha origine la nostra cultura, il Fallo era rappresentato con un membro virile eretto, fatto di legno di fico o di cuoio, che veniva trasportato nelle processioni dionisiache, legate al culto di Dioniso (Bacco), dio dell’amore e della musica. Anche il dio Ermes (Mercurio) veniva celebrato innalzando agli incroci delle strade dei cumuli di pietra di forma fallica, chiamati appunto erme. Nella Grecia antica al Fallo era connessa sia a livello cosmico che individuale  l’idea di generatività, di potenza,  di rinnovamento delle energie psichiche.

Cosa è successo invece al Fallo nel progredito Occidente?  In un processo iniziato con la modernità che ha desacralizzato il corpo per farne oggetto di indagine scientifica, il Fallo ha perso, in buona parte, il suo valore simbolico. Con l’indebolirsi del corpo/psichico a favore del corpo/estensione, oggetto privilegiato dell’ anatomia, l’immagine psichica del Fallo inizia a indebolirsi fino a diventare un’immagine residuale, spesso sequestrata dalla pornografia che, si badi bene, fonda la sua capacità di attrazione proprio sull’energia che proviene dal Fallo. Oggi il Fallo non rappresenta  più un’immagine sacra, un tabù da avvicinare con rispetto: quando qualcuno ne parla, cercando di ridargli quello spazio di dignità e sacralità che gli spetta, rischia di essere preso per matto, quanto meno per una persona stravagante, da guardare con sospetto.

Così l’immagine guida dell’identità maschile è stata rimossa, trascurata anche da chi, i maschi, dovrebbe sentire il bisogno profondo di riconoscerla.

In un momento in cui gli uomini tornano finalmente a interrogarsi sulla propria identità di genere e sul significato della maschilità diventa dunque importante riconoscere la centralità che il Fallo riveste  nella costituzione dell’identità maschile.

 

Le caratteristiche del Fallo

Il Fallo, per nostra fortuna, abita ancora nell’inconscio collettivo e continua a presentarsi, non solo nelle fantasie degli adolescenti, ma anche nei sogni di donne e uomini adulti. Come tutti gli archetipi è portatore di una forza e di un’energia che può consentire alla psiche di rigenerarsi.

Per risanare il maschile è necessario entrare in contatto con la sua immagine, che presenta tre caratteristiche fondamentali:

1. Il Fallo è innanzitutto un simbolo che rappresenta il principio primo del maschile. Un simbolo, come esempio possiamo pensare a ciò che rappresenta la Croce per i credenti, non è riducibile a qualcosa di fisico (come l'istinto) ma nemmeno a qualcosa di meramente psichico (come potrebbe essere un aspetto del carattere maschile). Un simbolo è qualcosa di vivo che tiene insieme fisico e psichico. Nel Fallo dunque, come simbolo, si trova l'energia psicofisica del maschile. Se non abbiamo consapevolezza, come maschi, del suo valore, difficilmente possiamo vivere con pienezza la nostra maschilità. Non si tratta di una consapevolezza teorica. Ci sono uomini che, anche senza avere mai letto nulla sul tema, sono davvero “maschili”. I simboli non si pensano, potremmo dire, ma si vivono. Oggi proprio perché il simbolo fallo è molto debole, spesso ridotto a qualcosa di volgare o sminuito nel suo significato, molti uomini si ammalano. Quando infatti un simbolo si indebolisce, viene meno una fonte di energia psichica.

2. Il Fallo rappresenta l'iniziazione alla vita, non solo dal punto di vista biologico, ma anche da quello psicologico. Nel Fallo è presente un’energia psichica che invita ad alzarsi, a camminare, ad andare sempre avanti. Aiuta a lasciare il giardino incantato dell’infanzia, le braccia accoglienti della madre prima e lo sguardo protettivo del padre poi, per incontrare gli altri, altri uomini e altre donne. In questo cammino il maschio incontra il mondo dei valori, l’amore, il dolore , la morte e può scorgere, se cerca, la presenza dell’Altro.

3. Il Fallo rappresenta la paternità. Al fallo infatti associamo lo sperma che consente all'uomo di dare inizio a nuova vita, di procreare e di diventare padre. La debolezza del Fallo si coglie oggi nella società contemporanea anche nella diminuita “capacità spermatica” dei maschi occidentali e dalla continua diminuzione dei figli, fenomeno tipico della società dei consumi. Spesso i maschi non vogliono avere figli o si chiedono se per loro potrebbe essere importante averne. Un maschio che abbia una buona relazione con il Fallo sa e sente che è naturale e bello avere dei figli, e  desidera averne.

 

L’assenza dell’iniziazione maschile

L’iniziazione alla vita adulta richiede l’iniziazione ai misteri della sessualità e per i maschi, in particolare, al significato simbolico e psicologico del Fallo. L’assenza di tale iniziazione è oggi più grave per i giovani maschi che sembrano più insicuri delle ragazze nel riconoscere il valore della propria identità di genere.  Infatti mentre per le ragazze, la comparsa del mestruo resta un passaggio iniziatico, aiutato dalla confidenza con la madre, per i maschi la comparsa della prima polluzione spesso passa in famiglia sotto silenzio, senza alcun riconoscimento della sua importanza nella vita di un giovane uomo. La madre ne viene a conoscenza di solito prima del padre, talvolta con preoccupazione perché non sa cosa dire al figlio. Ma il fatto più grave è che spesso nemmeno i padri sanno come parlare con i figli del loro passaggio alla maturità sessuale.  Più in generale tutto quello che ha a che fare col sesso i maschi lo imparano dai loro pari di età o da internet,  comunque da chi non può trasmettere loro quel significato profondo, affettivo e simbolico, che è legato ad ogni iniziazione di tipo sessuale.

Ci troviamo, per la prima volta nella storia dell'umanità, in un’area relativamente ristretta del mondo, quella dell’Occidente progredito, davanti al fatto che gli uomini rinunciano a quei riti di iniziazione e di passaggio, che hanno accompagnano dalla notte dei tempi la crescita dei giovani.  Il principio maschile ne soffre particolarmente perché la sua capacità generativa, pur essendo incardinata a livello individuale nell’organo genitale, è meno riconoscibile, di quella femminile. Basti pensare che, agli albori dell’umanità,  per molto tempo gli uomini hanno ignorato la loro partecipazione nel dare origine a una nuova vita. La consapevolezza della paternità ha richiesto fin dalle sue origini una mediazione culturale, legata all’osservazione dei fenomeni naturali e allo sviluppo della conoscenza.  Anche per questa ragione i giovani maschi venivano accompagnati alla vita adulta dalla comunità dei padri o degli anziani, che li iniziavano ai misteri dell’energia maschile. In molti riti, che sopravvivono ancora oggi nelle cosiddette società primitive, al giovane veniva praticata una ferita, fisica o simbolica. Un taglio sulla mano, oppure una notte passata in solitudine nella foresta o la contemplazione di un teschio lo mettevano in contatto con il dolore e con la paura. La presenza degli anziani consentiva però di dare senso al dolore e di superare la paura. All’interno di un rito iniziatico la ferita consente a un giovane, di aprirsi al senso della vita che implica sempre il confronto con i temi della nascita, del dolore e della morte.

Oggi questo sapere si è in buona misura perso. Sopravvive, in parte, nei riti della religione cristiana: battesimo, comunione, cresima e con grande forza nel mistero della Crocifissione, un mistero che si presenta all’interno del campo simbolico del maschile:  Dio Padre che lascia morire suo Figlio Gesù, crocifisso tra due altri uomini. Quanto dolore e che ferita! Iniziazione alla morte e alla resurrezione.

I giovani tra dipendenza e trasgressione

L’assenza di comunità e di riti di passaggio  rende oggi ancora più importante, per i giovani maschi, la presenza del padre. L’esercizio della paternità è strettamente connesso alla capacità di un maschio adulto di entrare in relazione con l’archetipo del Fallo. La consapevolezza che buona parte dei problemi psicologici, ma anche fisici, dei giovani (maschi e femmine, anche se in questo scritto ci occupiamo solo dell’iniziazione maschile) sono legati all’assenza di una loro relazione con il padre, ci impegna tutti, in quanto maschi, a farci carico delle nostre “potenzialità paterne”.

Che cosa capita infatti a un giovane che non abbia un padre presente quando, verso i tredici/quattordici anni, comincia a sentire che il suo corpo cambia, che dentro di lui ci sono un impasto di aggressività e pulsione sessuale difficili da incanalare? O ignora la spinta fallica che sta maturando dentro di lui e tende a regredire a uno stadio infantile, dove prevale la necessità di soddisfare i propri bisogni primari, o segue questa spinta sviluppando atteggiamenti trasgressivi che possono avere esiti drammatici.

Nel primo caso vediamo un giovane impaurito, in difficoltà, tendenzialmente dipendente, facile preda della società consumistica. Possono essere i consumi tipici di chi inizia la sua serata con un aperitivo, di chi comincia  a bere superalcolici a quattordici anni, di chi si fa senza problemi spinelli, oppure di chi passa a droghe più pesanti o a pasticche prese in discoteca. Di chi insomma trova nel consumo il sostituto di un atteggiamento attivo nei confronti della vita, quell’atteggiamento attivo che si sviluppa solo se l’energia del Fallo viene riconosciuta e accolta.

In questo primo caso i giovani tendono a regredire a uno stadio di tipo narcisistico che collabora con il sistema dei consumi a mantenere l’individuo in una posizione di dipendenza da un’immagine infantile di sé, che lo rende prigioniero dei propri bisogni e incapace di accedere a una relazione profonda con l’altro. Il termine deriva dalla vicenda di Narciso narrata da Ovidio nelle Metamorfosi. Narciso è un giovane bellissimo, che si innamora a tal punto della propria immagine, riflessa in uno specchio d’acqua, da lasciarsi morire.

Anche il narcisista contemporaneo è talmente innamorato di sé da non riuscire ad amare l’altro da sé. Il mondo e gli altri infatti sono per lui come uno specchio che gli rimanda sempre e soltanto la sua immagine. Chiuso nel suo egocentrismo è sempre solo, anche quando crede, grazie a face-book di essere circondato da decine di amici. Fortemente condizionato dal giudizio collettivo, non si fida delle proprie capacità e teme sempre di fallire. Alterna a progetti grandiosi e inattuabili un senso di scoramento e frustrazione. Alla propria immagine, che deve essere sempre a posto ed efficiente, dedica  un vero  e proprio culto. Il corpo viene invece esorcizzato perché per sua natura è luogo, non solo del piacere, ma anche del dolore, della mancanza, dell’imperfezione. Inconsciamente il narcisista desidera non avere corpo. Per questa ragione spesso è ipocondriaco e attribuisce  a ogni disturbo fisico, anche lieve, un’importanza enorme.

Nei giovani che presentano un atteggiamento di questo tipo è di solito assente un padre che abbia saputo iniziarli alla vita aiutandoli nel difficile processo di separazione dal mondo materno e nella necessità di affrontare il dolore e la perdita che ogni processo di crescita impone.

Nel secondo caso la spinta fallica invita i giovani a superare i propri limiti, a mettersi alla prova attraverso imprese rischiose e trasgressive, a cercare sempre qualcosa di troppo: troppo veloce, troppo forte, troppo eccitante. Come Icaro questi giovani volano troppo in alto rischiando così di cadere in  mare e di morire. Proprio il “troppo” caratterizza oggi quelle forme di dipendenza che impediscono ai giovani di vivere una vita equilibrata e felice.  In quel “troppo” si intrecciano spinta alla trasgressione, disconoscimento del corpo come limite e desiderio di una dimensione spirituale, inconsciamente avvertita come mancante.  Anche in questo caso si tratta di giovani che non sono stati iniziati alla vita dal padre e che da lui non hanno ricevuto il senso del limite.

Un filo sottile unisce dunque le diverse forme di dipendenza, dall’alcol alla droga, dal cibo a internet, dal gioco a una sessualità compulsiva: l’illusione di poter vivere senza fare i conti con quel limite che è strutturalmente inscritto nel corpo, e di cui la prima immagine è data dalla figura del padre.

 

Il padre e il senso del limite

Dal punto di vista psicologico il senso del limite deriva dal primo “no!” che il padre dice al figlio e si presenta come interiorizzazione della norma paterna, che pone un limite alla soddisfazione delle pulsioni. Il senso del limite è indispensabile per dare all’energia fallica una giusta direzione, per riuscire ad accoglierla dentro di sé, senza esserne travolti.

Con il suo primo “no!”, il padre dice al figlio che non può continuare a vivere in simbiosi con la madre e che per diventare un uomo deve separarsi da lei. Come ci ricordano tutti i riti iniziatici, la separazione è dolorosa e procura al figlio una ferita, indispensabile per superare una situazione di perenne bisogno e dipendenza. La ferita paterna, dolorosa, ma procurata con amore, dà al figlio il senso del proprio corpo, che è diverso da quello della madre. La presenza affettiva di un padre che aiuti il figlio a comprendere il significato del limite imposto, favorisce l’accettazione e l’interiorizzazione del divieto. La percezione del corpo e il senso del limite si rinforzano a vicenda favorendo la formazione di una personalità autonoma e libera. Nasce così nel singolo la coscienza morale e, come suo correlato, il senso di colpa, sempre presente nella psiche, ma che si attiva in particolare quando la norma viene violata. Se non diviene patologico, presentandosi cioè in assenza di una colpa commessa, è proprio il senso di colpa che, opportunamente ascoltato, aiuta a reggere la frustrazione e a trasformare il proprio atteggiamento per superarla.

Sono proprio l’autonomia, la consapevolezza del proprio corpo e dei propri limiti e il sentimento della colpa che consentono a un giovane di integrare l’energia fallica, sviluppando un comportamento attivo nei confronti della vita, antidoto principale a ogni forma di dipendenza.

 

Carattere donativo del Fallo

L’archetipo del  Fallo orienta anche dal punto di vista etico, come mostra la sua controfigura concreta, il pene, nell’esercizio della funzione procreativa: di migliaia di spermatozoi, fatto salvo il caso dei gemelli eterozigoti, uno solo va ad impiantarsi nell’ovulo, mentre tutti gli altri muoiono. Il principio simbolico maschile è così legato al dispendio di energie, al dare senza calcolo, alla perdita senza attesa di remunerazione. L’investimento fallico è ben diverso dall’investimento capitalistico, che si preoccupa dell’accumulo, dell’aumento e della conservazione della ricchezza. Il Fallo invita piuttosto al dono: un maschio deve essere capace di donare, donare se stesso, il  suo affetto, il suo impegno, il suo tempo, la sua capacità generativa.

Se riconosciamo questo aspetto del principio maschile non possiamo oggi sottrarci all’assunzione di responsabilità  personale e sociale nei confronti delle nuove generazioni. Un maschio adulto non può sfuggire all’impegno  dell’iniziazione e dell’esercizio della paternità nei confronti dei giovani. In un’epoca in cui la comunità è sempre più in crisi e dove prevale un’impostazione individualistica della vita, resta però sempre lo spazio per l’assunzione di responsabilità personale. Ciò vale in particolare per insegnanti ed educatori, personal trainer e allenatori, sacerdoti e padri spirituali; ma in ogni luogo dove ci sia un adulto che è in contatto continuativo con un giovane è possibile esercitare una forma di paternità sociale.

Onorare il principio maschile oggi vuol dire soprattutto questo!

 

Paolo Ferliga

Brescia 25 luglio 2011