Globalizzazione e identità etniche nell'epoca postmoderna
Grafo, Brescia 1998. - www.grafo.it
Testi di Claudio Bonvecchio, Ernesto Galli della Loggia, Gianfranco Miglio, Isidoro Davide Mortellaro, Marco Revelli, Claudio Risé, Gian Enrico Rusconi, Fulvio Tomizza, Wanda Tommasi, Salvatore Veca
Ciclo promosso dall'Assessorato alla cultura del Comune di Brescia nel 1997
Globalizzazione e identità etniche nell'epoca postmoderna : Introduzione
La nostra epoca è segnata profondamente dal processo di globalizzazione che rende tutti i paesi del mondo sempre più interdipendenti integrando mercati e produzione, beni e servizi, lavoro e capitale, cultura e tecnologia. Tale processo è oggi talmente avanzato da assumere i tratti di una apparente irreversibilità e di una scontata normalità: non ci stupiamo più nel veder circolare per le nostre strade automobili giapponesi o sudcoreane, nel sapere che Coca Cola e McDonald sono arrivati da anni a Mosca e Pechino, nell'osservare in televisione che i grattacieli svettano tanto a New York, quanto a Hong Kong, Sidney e Città del Capo. Eppure questa trasformazione per cui il mondo, sempre più integrato ed omologato, tende ad assumere l'aspetto tranquillizzante di un unico grande supermercato, porta dentro di sè il segno della contraddizione, il rischio di una lacerazione insanabile. Dietro l'apparente illusione di sentirsi dappertutto a casa propria si nasconde il rischio reale di non trovare più da nessuna parte la propria casa. La globalizzazione infatti tende a cancellare tutte le differenze culturali, vorrei dire antropologiche, tra i diversi popoli della terra. Rendendoli tutti uguali dal punto di vista materiale e psicologico, rescinde il legame con le loro tradizioni e genera un senso di insicurezza e un vuoto spirituale che forse non ha precedenti nella storia dell'umanità. Per questa ragione oggi, in diverse aree del mondo viene posto con forza, talvolta con drammatica violenza il problema dell'identità etnica, dell'appartenenza ad un popolo e ad una terra. Questo bisogno di appartenenza non è da leggere superficialmente come un fenomeno regressivo rivolto con sguardo nostalgico ad un passato ormai morto, ma piuttosto come l'espressione, spesso ancora inconscia, della ricerca di un senso e di un significato per la propria storia, per la propria collocazione nel mondo. Interrogarsi quindi sulla contraddizione, oggi sempre più evidente, tra globalizzazione e ricerca di identità appare necessario non solo per capire la nostra epoca, ma anche per comprendere quali percorsi e quali scenari si aprono all'azione politica. Gli Incontri in Loggia di quest'anno si propongono di affrontare questo tema con un'ottica complessa che tiene conto di differenti prospettive: storica, antropologica, economica, politica, ma anche filosofica, simbolica e psicologica. Ci chiederemo quali sono i caratteri specifici che la globalizzazione ha assunto nella nostra epoca. Tale processo infatti ha radici molto profonde: iniziato già nel medioevo con le crociate e i viaggi dei mercanti italiani, basti pensare a Marco Polo in Cina, si è poi allargato con la "scoperta" dell'America da parte di Cristoforo Colombo. Durante la rivoluzione industriale ha conosciuto una fortissima accelerazione con la costruzione di navi a vapore, ferrovie e telegrafi che hanno contribuito a trasformare il mondo in un villaggio globale. Ma è nel corso delle due guerre mondiali, in particolare della seconda, che tale processo compie un vero e proprio salto di qualità acquisendo i caratteri specifici dell'epoca postmoderna. L'immane tragedia della guerra mette in relazione drammatica tutte le aree del mondo, sviluppa una tecnologia dagli effetti globali sempre meno controllabili, getta masse di uomini su fronti che non hanno alcun rapporto con la loro terra e nazione di provenienza. Secondo diversi studiosi sono proprio le guerre mondiali che segnano il discrimine tra età moderna ed età postmoderna. Nel dopoguerra poi, aerei, telefoni e fax hanno contribuito a rendere sempre più veloci ed economici gli scambi di ogni genere. Internet infine, consentendo di scambiare in tempo reale informazioni e dati in tutto il mondo, porta oggi la globalizzazione alla sua forma compiuta. Ma gli indubbi vantaggi che lo sviluppo della tecnica mette a disposizione dell'umanità comportano anche dei costi umani terribili e dei problemi di non facile soluzione dal punto di vista politico. Alla crescita vertiginosa della ricchezza dei pochi, si contrappone la miseria crescente dei molti; lo spettro della disoccupazione è oggi una dura realtà per milioni di giovani e non più giovani; la crescita impetuosa delle società multinazionali sottrae sempre più agli stati la possibilità di intervenire sui processi economici; la deterritorializzazione delle imprese porta con sè la ricerca di nuovi tipi di profitto, sempre più intrecciato con le transazioni finanziarie, tendenzialmente di carattere speculativo; la struttura dei mercati finanziari rende sempre più difficile il prelievo fiscale e quindi la possibilità di operare per un'equa distribuzione delle risorse. Si assiste insomma ad una continua restrizione dei margini di manovra dell'iniziativa politica e ad una crisi radicale delle possibilità di intervento degli stati nei processi sociali ed economici segnati dalla globalizzazione. La nascita e lo sviluppo di organismi sovranazionali come il Fondo Monetario Internazionale, la Banca Mondiale e le Nazioni Unite, che tentando di governare questi processi ridimensiona il ruolo e la funzione dei singoli stati, produce un loro indebolimento e un'ulteriore perdita del senso di appartenenza e di identità nazionale. E' quindi comprensibile che di fronte ad una sempre maggiore concentrazione internazionale del potere e delle funzioni di governo e ad un progressivo indebolimento del ruolo dello stato nazione, venga avvertita sempre più nel mondo contemporaneo l'esigenza di un decentramento e di una organizzazione della rappresentanza politica per aree locali o regionali: è questo daltronde anche il motore dell'unificazione europea. Ed è altrettanto comprensibile che in un'epoca caratterizzata dall'omologazione delle culture e dalla massiccia migrazione di popoli, nascano tanto al centro, quanto alla periferia dell' "impero" forti richieste di carattere identitario. Pensiamo alla paura degli Stati Uniti di sentirsi sommersi da messicani e portoricani o a quella degli europei di scomparire tra africani e asiatici ed alle contemporanee rivendicazioni di autonomia ed unità delle diverse minoranze etniche sparse un po' dovunque nel mondo. In questa situazione chiedersi quale ruolo spetti oggi allo stato-nazione e riflettere sul significato delle richieste di carattere identitario diventa indispensabile per affrontare i processi di continua scomposizione e ricomposizione che l'epoca postmoderna presenta. La recente vicenda della ex-Jugoslavia ha rivelato in modo terribile come la tensione tra processi di globalizzazione e richieste di identità possa ancora generare tragedie nella totale incapacità delle organizzazioni internazionali e degli stati di evitarle. Anche per questa ragione sentiamo la necessità di interrogarci su questi problemi, senza l'illusione di trovare risposte ultimative, ma con la consapevolezza che un lavoro di ricerca, confronto teorico e presa di coscienza si impone a chi voglia affrontare con senso di responsabilità il tempo presente.