Il segno del padre nella vita dei giovani e della società

1. Il ritorno del padre
Nell’epoca presente, l’epoca dello sradicamento, dell’omologazione, dell’impoverimento della politica, della crisi del sacro e della religione, ma anche della circolazione delle informazioni, del dibattito scientifico, di una riflessione filosofica sempre più attenta ai valori, di una rinnovata ricerca di Dio, la questione del padre è ormai all’ordine del giorno. Sempre più spesso sui giornali, nei dibattiti televisivi, nei libri e nei film, se ne parla. Uomini e donne sembrano ormai consapevoli che una società senza padri produce disorientamento e dolore. Secondo l’antropologo Dieter Lenzen, la separazione e l’allontanamento dei padri dai figli inizia già nella Grecia antica. L’indebolimento della figura paterna assume però una sorta di accelerazione agli albori dell’epoca moderna, quando con la rivoluzione copernicana e con quella scientifica muta radicalmente la posizione dell’uomo nei confronti del cosmo e del sacro. Viene allora meno l’idea che Dio sia garante dell’ordine dell’universo e l’immagine di un Padre che dia senso e significato a tutte le cose inizia a sbiadire. Tale processo prosegue con la rivoluzione industriale e con le due guerre mondiali. Oggi il padre è spesso lontano dai figli per lavoro o per il continuo crescere dei divorzi, con la conseguente assegnazione dei figli, in grande maggioranza, alle madri. La società contemporanea sembra però non reggere più questa assenza e chiede che il padre ritorni. Si diffonde sempre di più un sentimento che William Shakespeare, ha espresso in modo sublime nell’Amleto: il dolore per la morte del padre. Si tratta per Amleto, che dubita di tutto, anche del senso della vita (To be or not to be?), dell’unico sentimento che “supera ogni scena” , che lo mette in contatto con la realtà. Molti oggi, come Amleto, registrano questo dolore. Nello studio dello psicoanalista uomini e donne scoprono, sulla loro pelle, la sofferenza legata alla mancanza o a una cattiva relazione col padre. Nella scuola le madri lamentano l’assenza dei padri nell’educazione dei figli e gli studenti soffrono per il venir meno di figure di riferimento maschili. Nelle aule dei tribunali, alcuni padri separati chiedono di poter stare con i loro figli e il Parlamento finalmente ha approvato una legge sull’affido congiunto. Dall’osservatorio degli Stati Uniti, Robert Bly, psicoanalista e scrittore, riprende l’allarme lanciato dallo studioso e leader del movimento dei padri, David Blankenhorn: “I padri stanno scomparendo legalmente e fisicamente. Circa un terzo delle nascite oggi … avviene al di fuori del matrimonio. Nella maggior parte di questi casi, il nome del padre sul certificato viene semplicemente lasciato in bianco.” Psicologi e ricercatori sociali collegano il diffondersi tra i giovani del bullismo e di forme di dipendenza sempre più capillari, dalla televisione a internet, dall’alcool alle droghe, dal cibo dei fast food alla musica standardizzata delle discoteche, all’assenza del padre. Ad un secolo abbondante dalla nascita della psicoanalisi la lezione freudiana sul tema riacquista così una inaspettata attualità: se viene meno il padre, vengono meno sia a livello individuale che sociale, quei fondamenti fatti di contenuti affettivi e normativi che danno senso alla vita e ordine all’umana convivenza.

2. Il compito del padre: liberare il figlio dalla dipendenza
Senza padre i figli sono infatti disorientati. Non solo. Senza padre i figli sono più portati a delinquere. Ancora dall’osservatorio degli Stati Uniti, che spesso anticipano quanto poi accadrà in Europa: il 90% degli homeless, il 72% degli adolescenti omicidi, il 60% degli stupratori e l’85% dei giovani in carcere sono cresciuti senza padre. Ma anche quelli che non delinquono sviluppano presto un atteggiamento passivo nei confronti della vita e sono più portati alla depressione e alla dipendenza dalle sostanze stupefacenti e dall’alcool. Senza padre i figli sono più deboli e fragili, facile preda dell’aggressività e della violenza dei pari e talvolta incapaci di reggere i momenti duri della vita, come testimonia purtroppo la drammatica correlazione tra suicidi e assenza del padre. Più in generale il complesso dei figli senza padre, si vede all’opera tanto nei bambini simbiotici e parassitari, che si arrabbiano quando non possono soddisfare immediatamente i propri bisogni, quanto nei giovani dal comportamento falsamente indipendente ed espulsivo, che non sanno sviluppare alcun progetto. Si tratta quasi sempre di giovani che non sono stati iniziati dai padri e che per questa ragione mantengono un atteggiamento di tipo dipendente nei confronti della vita, un atteggiamento mutuato dalla loro originaria dipendenza dalla madre. Il padre è la prima e l’unica figura in grado di opporsi a quella dipendenza, alla simbiosi dei figli con la madre. Questa simbiosi, di fondamentale importanza nei primi mesi di vita, diviene distruttiva se prosegue troppo a lungo. Con la sua presenza attenta, il padre aiuta il bambino a uscire dalla simbiosi svolgendo così un’importante funzione iniziatica. Separando i figli dalla madre, infligge loro quella prima ferita che rappresenta simbolicamente tutte le ferite e le separazioni che un giovane dovrà affrontare per diventare adulto: separazione dall’infanzia, dall’adolescenza, dalla casa dei genitori, dalle amicizie e dalle scelte sbagliate... La ferita della separazione è il primo no che il padre dice al figlio, è l’atto costitutivo di quel senso del limite indispensabile al figlio per riconoscere e affrontare la realtà. Quella ferita si trasforma presto in cicatrice e lo rende più forte.

3. Figli senza padre
Privi del padre invece, i figli faticano ad entrare nel tempo, della storia e della vita: non crescono più, restano per sempre adolescenti. Dal punto di vista psicologico ciò comporta una trasformazione preoccupante: il Super-io infatti, una specie di giudice interno che secondo Freud riveste un ruolo fondamentale nella formazione della personalità e nel suo orientamento morale, muta radicalmente la sua natura. Venuta meno l’autorità paterna, che ben presto trascina con sé anche quella materna, il modello da interiorizzare non è più costituito dagli ideali e dai valori dei genitori, ma da quello dei pari, dei fratelli e delle sorelle. Questo nuovo modello però, privo di un riferimento alla dimensione verticale dei valori, risponde sempre più alle regole imposte dal mercato e dalla società dei consumi. Venendo meno il giudice interno, ad esso si sostituisce un giudice esterno che invita l’individuo a cercare sempre e soltanto il pubblico consenso. In questa situazione i mass-media acquistano un potere molto forte. In assenza di una “grandezza” autentica alimentata dall’apprezzamento dei genitori, i bambini e gli adolescenti sviluppano una grandiosità indotta, alimentata dai media e dai prodotti di consumo legati a immagini e marchi di successo. Quanto più viene a mancare il padre, al quale compete essenzialmente la responsabilità di porre dei limiti, tanto più questa grandiosità indotta cresce. Mancando un’autorità esterna, il giudice interno diventa un terrorista: il desiderio si trasforma in avidità, la spinta vitale in aggressività, la forza in rabbia e impotenza. Alcuni aspetti della musica, con le sue derive di tipo “satanico”, del cinema, con immagini sempre più violente, e della moda che si estende al corpo, sempre più segnato da perforazioni e scarificazioni, esprimono in modo evidente la trasformazione in atto. L’assenza di una dimensione verticale, incarnata storicamente e spiritualmente dal padre, con le prove iniziatiche ad essa connesse, favorisce la ricerca di una soddisfazione immediata del bisogno, che la società dei consumi è pronta a realizzare secondo lo slogan, tipico della pubblicità: “Tutto e subito col minor sforzo possibile.”

4. Scuola senza padri
L’esperienza clinica insegna che nella psiche dell’individuo l’assenza del padre crea un vuoto, talvolta incolmabile, che richiede innanzi tutto di essere accolto e, se possibile, riempito. La presenza di altre figure maschili nella vita di un individuo rende più facile questo compito. Ma ciò non vale solo per la patologia. Per questa ragione ai padri naturali sono stati sempre affiancati in passato altri maschi che svolgevano comunque una funzione paterna, di guida e di indirizzo nei confronti dei giovani: maestri elementari, professori, insegnanti di educazione fisica, preti, padri spirituali, allenatori, medici di famiglia… Oggi queste figure tendono a scomparire e il fenomeno raggiunge, nella scuola, dimensioni davvero preoccupanti. Si comprende la gravità di un corpo docente quasi interamente femminilizzato, se si riflette sul fatto che la presenza di figure maschili favorisce i processi di identificazione degli adolescenti, indispensabili per la loro crescita psicologica. La presenza fisica di un uomo aiuta un giovane a dirsi: “Da grande vorrò (o non vorrò) essere così.” Anche per le ragazze l’insegnante maschio è importante in quanto rappresenta simbolicamente l’altro da sé, in forma matura rispetto ai giovani coetanei. Permette loro di abbozzare delle fantasie sul futuro. “Da grande mi piacerebbe (o non mi piacerebbe) un uomo di quel tipo.” Consente di sviluppare in modo più completo e articolato il proprio lato maschile interiore, quello che lo psicoanalista svizzero Carl Gustav Jung chiamava Animus e che riveste un’importanza fondamentale nell’equilibrio psichico di una donna. Oggi invece la scuola tende a diventare rapidamente un luogo unisex. In fondo si è affermata l’idea che il genere dell’insegnante sia del tutto ininfluente nella crescita psico-fisica degli studenti, a tal punto che anche l’insegnante di Educazione fisica è diventato lo stesso per maschi e femmine. La scuola si presenta, da questo punto di vista, come una zona grigia, omologante, in cui non è importante crescere come donne e come uomini nella ricchezza delle proprie differenze, ma solo come studenti che, alla fine, si distinguono in base ad una valutazione di tipo prevalentemente quantitativo.

5. Sognare il padre
Per lo psicoterapeuta che opera nella società senza padri è indispensabile saper accogliere la sofferenza dei pazienti per l’assenza del padre. Sempre più di frequente infatti, uomini e donne presentano sintomi anche gravi, che vanno da forti crisi d’ansia agli attacchi di panico, dai disturbi dell’alimentazione alla depressione, che ad una lettura analitica e simbolica rivelano il dolore per quella assenza. L’inconscio la registra e la restituisce nei sogni. Sono questi sogni che spesso forniscono una traccia importante e consentono alla terapia di avere un esito positivo o quantomeno di muovere i suoi primi passi. 5.1. La morte del padre. “In una stanza bianca c’è un bambino che piange disperato. La madre, in ansia, cerca di consolarlo senza riuscirci.” Il giovane che racconta questo sogno ha perso il padre in un incidente, quando aveva due anni. Da allora vive con tre donne, la mamma, la nonna e la sorella, che si prendono cura di lui e gli vogliono bene. Ma questo non gli basta. Per ogni piccola malattia teme sempre di avere qualcosa di grave, vive in un perenne stato di ansia, con continue tachicardie e frequenti mal di testa e di stomaco. Sente che nella vita gli manca una guida, un punto di riferimento saldo da cui partire. Non sa in che direzione andare. Altri sogni gli parlano del padre, dell’incidente, della morte. Inizia un colloquio con l’inconscio che poco alla volta gli presenta altre figure maschili, reali o immaginarie, che lo aiutano a costruire, dentro di sé, una relazione con l’imago paterna: uno zio, un prete, un insegnante, un guerriero, uno sconosciuto. Si creano così le condizioni psichiche perché il giovane diventi consapevole di quanto la morte del padre lo abbia segnato e di come sia necessario partire da quella ferita, profonda e dolorosa, per darsi un’identità che gli permetta di affrontare la vita con maggior forza e serenità. 5.2 L’abbandono: “Come se cadessero le fondamenta!” “Nevica forte, rientro in casa con mia madre, mia sorella e mio padre. La neve si tramuta in pioggia ed inizia a diluviare. Ad un certo punto sento un rumore profondo, come se cadessero le fondamenta. L’acqua è scoppiata e incomincia velocemente a uscire dai tombini. Mia madre urla e aiuta mia sorella, che è ancora piccola. Anch’io vorrei aiutarla, ma mi rendo conto che mio padre è bloccato. Lui non può aiutarci e io me lo devo tirare dietro.” Il giovane che racconta questo sogno manifesta forti disturbi d’ansia che gli impediscono di avere una buona relazione con gli altri, in particolare con le donne, e di mantenere un lavoro, una volta che lo ha intrapreso. Nel passato ha avuto un breve ricovero di tipo psichiatrico. A differenza del primo, questo giovane non ha altri punti di riferimento maschili significativi. Per lui il percorso di guarigione sarà più lungo e difficile. L’abbandono infatti può essere, dal punto di vista psicologico, più duro della morte. 5.3 L’abbandono: “Che ne sarà di me?” “Sono le undici di sera, di una sera di pioggia battente. Fuori è buio…e continua a piovere ininterrottamente. Guardo continuamente attraverso i vetri e rabbrividisco. Suona il telefono. E’ un uomo, che non sono sicura di conoscere. Mi dice che non c’è altra soluzione che quella di lasciarci. Io capisco, ma non accetto. Un unico pensiero nella mia mente terrorizzata, un'unica domanda: Cosa farò ora? Che ne sarà di me? E rimango con questo dolore.” La giovane donna che racconta questo sogno soffre di ricorrenti attacchi di panico. Poco dopo la nascita è stata affidata dal padre alla zia perché la allevasse. Sua madre, gravemente malata, non era in grado di farlo. Il padre muore quando lei compie tre anni. La zia l’ha cresciuta con amore, senza farle mancare nulla e è riuscita a sostituire, almeno in parte, la figura della madre. Non ha potuto però supplire a quella del padre. Il sogno la aiuta a prendere coscienza che la mancanza del padre è all’origine della sua difficoltà a costruire una relazione positiva con gli altri.

6. Essere padri oggi: un problema sociale
I sogni mostrano così come nella vita di tutti l’assenza del padre lasci un segno indelebile. Quel segno ha oggi una rilevanza sociale e chiede a tutti un impegno perché il padre torni a far sentire la sua voce. In una società che tende a liquidare le figure sostitutive o di appoggio alla funzione paterna, che ha svilito l’autorità confondendola con l’esercizio del potere, che ha sostituito alla dimensione verticale del rapporto educativo l’omologazione di ogni tipo di relazione, che irride al concetto di regola e di norma, il padre deve spesso saper dire da solo quei no che è sempre più difficile dire, saper coniugare autorità e amore, distanza e presenza affettuosa. Si tratta per lui, ma per tutti coloro a cui sta a cuore il destino delle generazioni future, di assumersi un impegno e una responsabilità maggiori che nel passato, se si vuole impedire che il mondo vada del tutto “fuori di sesto”.

Questo contributo ora pubblicato in Paternità e padri. Tra regole e affetti, Franco Angeli 2013, era già stato pubblicato in:

"Minori giustizia" rivista promossa dall'Associazione italiana dei magistrati per i minorenni e la famiglia, direttore Piercarlo Pazè, n. 2/2007, Franco Angeli.