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Laura Fasani per il Giornale di Brescia 9 aprile 2019

Articolo integrale di Laura Fasani per il Giornale di Brescia del 9/4/19

Fu Margaret Lowenfeld a scoprire per prima il potere del gioco come mezzo terapeutico nel primo Novecento. Una mossa in qualche modo sovversiva rispetto alla tendenza ad affidare le ferite della psiche a cure che passano dal linguaggio, a racconti fatti solo di parole, che andava affermandosi in Occidente. Il suo fil rouge si è srotolato fino nelle mani di Dora Kalff, terapeuta allieva di Jung, che cinquant’anni fa ha dato forma al Gioco della sabbia. Ma il merito di aver diffuso questa terapia psicologica in tutto il mondo va a suo figlio Martin Kalff, referente internazionale della Sandplay Therapy dalla sua casa vicino a Zurigo. È a sua firma la prima opera sistematica “Ascoltando il corpo. Nuove vie per il gioco della sabbia” (pp. 289, 22 euro), appena uscita in Italia con la curatela di Paolo Ferliga, psicoterapeuta bresciano già docente di filosofia al Liceo Arnaldo, nonché allievo di Kalff, che mercoledì 10 aprile presenterà il lavoro insieme a Elena Bianchetti all’Associazione Artisti Bresciani (vicolo delle Stelle, 4).

Nata per i bambini e presto allargata agli adulti, mutuata sulla psicoanalisi junghiana e intrisa delle tradizioni contemplative orientali, la terapia propone al paziente di giocare con la sabbia che trova in due vasche nello studio del terapeuta. Gli viene chiesto di disegnare liberamente con le mani, aggiungendo piccoli oggetti che trova sugli scaffali. “Il gioco attiva delle emozioni, che non vanno interpretate o giudicate ma soltanto ascoltate – spiega il prof. Ferliga –. Sia il paziente che il terapeuta prestano attenzione alle reazioni del corpo davanti alle immagini e nello scambio emotivo che si crea fra loro avviene la cura”. Dora Kalff lo aveva chiamato “spazio libero e protetto”: un momento di accoglienza delle proprie emozioni, di cui il terapeuta è garante, in cui l’attenzione è rivolta al linguaggio preverbale, ai movimenti e all’intenzionalità del paziente, che attraverso il gioco racconta e sblocca i propri traumi. Come M., il bimbo affetto di mutismo elettivo (uno dei 6 casi clinici raccontati nel libro) che ha ripreso a parlare grazie al supporto silenzioso di Chiara Bottari, fra i terapeuti italiani insieme a Ferliga che dal 2007 partecipano al Gruppo di supervisione di Zollikon di Kalff. Un percorso, questo, di studio e confronto che ha portato al perfezionamento del metodo, a stretto contatto con le neuroscienze (nella prima parte del libro si spiega bene il rapporto fra integrazione neurale e principio di individuazione), ma anche con la meditazione e la poesia. E che prova a sondare l’interiorità e le cose anche con lenti diverse, quelle del corpo, se si impara ad ascoltarlo.

 Laura Fasani